Ben Gurion Airport

Stop ai voli su Israele: Virgin Atlantic, Turkish Airlines e Pegasus rinunciano alle rotte su Tel Aviv

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Mentre alcune compagnie internazionali riprendono timidamente i collegamenti con Israele, tre vettori annunciano lo stop prolungato o definitivo a causa del conflitto a Gaza

Virgin Atlantic ha annunciato ufficialmente la cancellazione definitiva dei collegamenti tra Londra Heathrow e Tel Aviv. La rotta era già stata sospesa dopo il 7 ottobre 2023, giorno in cui Hamas ha lanciato un attacco che ha innescato il conflitto in corso nella Striscia di Gaza.

Nonostante iniziali tentativi di riprogrammare i voli, prima a settembre 2024, poi a novembre dello stesso anno e infine a ottobre 2025, la compagnia britannica ha deciso lo stop a tempo indeterminato. La decisione arriva per motivi di sicurezza, considerando il protrarsi della crisi.

Dopo un’attenta valutazione, abbiamo preso la difficile decisione di cancellare i nostri servizi tra Londra Heathrow e Tel Aviv“, ha spiegato un portavoce di Virgin Atlantic. Ai passeggeri sarà inviata una comunicazione via email a partire dal 10 maggio. Tutti i clienti che hanno prenotato direttamente con la compagnia riceveranno assistenza e potranno usufruire di rimborsi o alternative.

Virgin Atlantic mantiene comunque attivo l’accordo di code-sharing con El Al, la compagnia di bandiera israeliana. I passeggeri potranno così volare tra Regno Unito e Israele, con fino a quattro collegamenti giornalieri, e proseguire verso altre destinazioni in UK e Stati Uniti.

Turkish Airlines e Pegasus Airlines restituiscono gli slot all’aeroporto Ben Gurion

Anche Turkish Airlines e Pegasus Airlines, due dei principali vettori turchi, hanno deciso di non riprendere i collegamenti con Israele. Secondo quanto riportato da The Times of Israel, le due compagnie hanno restituito gli slot aeroportuali al Ben Gurion di Tel Aviv, un segnale che indica una sospensione a lungo termine delle operazioni sul Paese.

Fino a ottobre 2023, Turkish Airlines operava tre rotte verso Israele ed era il quarto vettore per numero di voli all’aeroporto Ben Gurion. I voli erano stati sospesi subito dopo l’escalation del conflitto, ma le compagnie avevano inizialmente mantenuto gli slot, lasciando aperta la possibilità di un ritorno.

Ora, con la restituzione ufficiale degli slot – che regolano le fasce orarie di decollo e atterraggio – il segnale è chiaro. Nessuna delle due compagnie ha rilasciato dichiarazioni ufficiali, ma gli effetti sulla connettività aerea con la Turchia si fanno già sentire.

“Una volta che uno slot viene ceduto e occupato da un’altra compagnia, è molto difficile poi recuperarlo”, ha spiegato Yoni Waxman, vicepresidente del tour operator israeliano Ophir Tours. “La decisione di Turkish potrebbe segnalare un cambiamento radicale nei rapporti tra Israele e Turchia, o almeno un rallentamento significativo del coordinamento aereo”.

Uno stop che pesa sul turismo, i viaggi corporate e sulle relazioni diplomatiche

Istanbul è da sempre una destinazione molto amata dagli israeliani, grazie alla vicinanza geografica e alle tariffe vantaggiose offerte dai vettori turchi. Molti passeggeri usavano l’aeroporto Atatürk come hub per raggiungere l’Europa e altre mete internazionali.

Le tensioni politiche tra i due Paesi si sono intensificate: il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha sostenuto Hamas fin dall’inizio del conflitto e, nel maggio 2024, la Turchia ha interrotto i rapporti commerciali con Israele.

I vettori che hanno ripreso i collegamenti

Mentre Virgin, Turkish e Pegasus si ritirano, altri vettori hanno deciso di riattivare, seppur con prudenza, le rotte su Israele. British Airways, Ryanair, Delta Air Lines e United Airlines hanno ripreso i voli, ma con capacità ridotta e frequenze limitate.

La possibilità di un cessate il fuoco e l’attenuazione delle tensioni a partire dal 2025 potrebbe incentivare una graduale normalizzazione dei collegamenti aerei. Tuttavia, lo scenario resta incerto.

Secondo i dati dell’Israel Airports Authority, la movimentazione passeggeri su Tel Aviv è ancora inferiore del 40% rispetto al periodo pre-conflitto.

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