Ogni giorno, in ogni città italiana, la scena si ripete. Professionisti in arrivo da un volo del mattino, manager diretti a un appuntamento, clienti business con agende serrate e minuti contati: tutti in attesa di un’auto che non arriva. Taxi irreperibili, app che non funzionano, tempi d’attesa incompatibili con la quotidianità di chi lavora.
Non si tratta più di un disagio occasionale. Il settore della mobilità su richiesta – taxi e NCC – è bloccato. La domanda è aumentata, l’offerta è rimasta ferma. Letteralmente.
«Il settore è in forte difficoltà – spiega Andrea Giuricin, docente di economia dei trasporti all’Università Bicocca di Milano e CEO di TRA Consulting – perché l’offerta è praticamente statica da circa vent’anni, mentre la domanda è esplosa».
Giuricin, che ha recentemente preso voce come esperto anche a Beyond the Borders, il nostro primo evento dedicato, ha sottolineato la necessità di affrontare la questione con un approccio sistemico e, perché no, coraggioso.
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Il paradosso di una domanda che cresce e un’offerta che non si muove
Secondo l’Autorità di regolazione dei trasporti, i taxi in servizio in Italia sono poco più di 23.000. A Milano, le ultime licenze risalgono al 2003. A Roma, al 2005. Da allora, nessun passo avanti concreto. Intanto, la mobilità urbana è cambiata. Così come sono cambiati i bisogni di chi si sposta per lavoro.
«Pensiamo solo al trasporto aereo – osserva Giuricin – che nello stesso periodo è praticamente raddoppiato. Eppure i taxi sono rimasti gli stessi. Questo genera code, chiamate inevase, inefficienze quotidiane».
Non va meglio sul fronte degli NCC. Le autorizzazioni ufficiali sono circa 5.000, a fronte di una domanda ben più alta. Il registro elettronico nazionale, previsto dalla legge nel 2018, è stato avviato solo recentemente e non sarà operativo prima del 2025.
Regole che non regolano
Il sistema italiano è appesantito da una sovrapposizione di norme, vincoli e sentenze. I tassisti rivendicano tutele e l’alto costo delle licenze (che può superare i 180.000 euro). Gli NCC, invece, lamentano restrizioni operative come l’obbligo di rientro in rimessa o i limiti territoriali.
Nel mezzo, un sistema che non funziona né per gli operatori, né per gli utenti, né per chi vorrebbe innovare. La regolazione, invece di semplificare, frena. E così Giuricin ribadisce:
«Siamo in un sistema bloccato dove le regole non accompagnano l’innovazione, ma la rallentano. Le categorie si paralizzano a vicenda, e intanto il servizio peggiora per tutti».
L’Italia non è solo indietro per mancanza di auto, ma è indietro -anche- indietro per mancanza di tecnologia
“La forza di piattaforme globali – spiega Giuricin – non è solo nei prezzi. È anche nella semplicità d’uso, nell’efficienza, nella reputazione. Sono strumenti pensati per il cliente moderno. I taxi italiani invece si affidano a sistemi locali, spesso poco intuitivi, poco integrati”.
Il problema, quindi, non è liberalizzare. È modernizzare. Rendere il sistema all’altezza di chi si muove per lavoro, per studio, per necessità.
“L’entrata delle piattaforme in Italia (come è successo nel resto del mondo) è possibile. Ed è necessaria. Queste tecnologie non sono più “nuove”: nel resto del mondo sono lo standard“, sottolinea.
Le riforme annunciate (e rimaste tali)
Nel 2023 il governo ha previsto una procedura straordinaria per aumentare le licenze taxi. Ma il risultato è stato nullo. Pochi Comuni hanno aderito, molti si sono bloccati al primo ricorso. Anche la legge 175/2022, che avrebbe dovuto modernizzare il comparto, non ha prodotto effetti concreti.
Le proteste continuano, ma le soluzioni non arrivano. Intanto, il sistema resta ostaggio di una paralisi normativa e culturale.
Qualcuno però prova a muoversi. Muoviti Italia è una coalizione di operatori del trasporto, compagnie aeree, attori del turismo e della ristorazione. Tutti uniti da una convinzione: riformare è possibile, ma serve una regia vera.
«Il nodo non è solo sindacale. È economico, sociale, strategico – conclude Giuricin –. Riformare la mobilità on demand significa migliorare la qualità della vita urbana, ma anche rafforzare la competitività del Paese. Non possiamo più permetterci di restare fermi».
Qui per firmare la petizione: https://muovitiitalia.com/firma-la-petizione/
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