Le mattine in hotel scorrono veloci: una chiamata da fare, un taxi in attesa, la colazione consumata di fretta tra un caffè e una mail urgente. E così, quasi senza pensarci, c’è chi afferra una mela, infila una brioche nello zaino o tiene da parte un panino “per dopo”. Un’abitudine comune tra chi viaggia per lavoro. Ma davvero è consentito?
La risposta, sorprendentemente, è no. Portare via cibo dalla colazione dell’hotel, senza che sia previsto, può essere considerato furto.
A ricordarlo è stato di recente l’avvocato, imprenditore e direttore del sito laleggepertutti.it Angelo Greco, in un post su LinkedIn che ha fatto discutere. “Il prezzo pagato per la colazione – scrive – dà diritto a consumare il cibo solo all’interno dei locali indicati e negli orari previsti. Portarlo via, salvo diversa autorizzazione, non è compreso nel servizio. E può integrare un illecito penale”.
Un chiarimento che ha sorpreso molti professionisti abituati a vivere l’hotel come spazio di libertà organizzativa, in cui adattare il buffet ai propri ritmi. Ma la legge, come spesso accade, ragiona diversamente.
Cosa prevede il Codice Penale
Secondo l’articolo 624 del Codice Penale, il furto consiste nella sottrazione di un bene mobile altrui con l’intento di trarne profitto, togliendolo a chi ne ha la detenzione. Nel caso della colazione, il cibo resta nella disponibilità dell’hotel fino a quando non viene consumato nei tempi e nei luoghi stabiliti.
In altre parole: il cliente non “compra” il cibo del buffet, ma l’accesso a un servizio – limitato nel tempo e nello spazio. Portare via alimenti da consumare più tardi o altrove equivale, da un punto di vista legale, a prendersi qualcosa che non ci appartiene.
Il buon senso (e il limite della tolleranza)
Nella realtà quotidiana, molti hotel chiudono un occhio di fronte a comportamenti marginali: una banana, uno yogurt, una merendina per il volo di ritorno. Non è raro che il personale sia comprensivo, specie con viaggiatori d’affari che hanno esigenze particolari o partono molto presto.
Ma attenzione: questa tolleranza è informale, non garantita, né prevista dal contratto di soggiorno. E in assenza di comunicazioni esplicite da parte dell’albergo (cartelli, indicazioni verbali, contenitori predisposti), il buffet resta destinato al consumo in loco, in orario di servizio.
Nei casi più eclatanti — clienti che fanno razzia, usano contenitori propri, portano via cibo per l’intera giornata — l’hotel può legittimamente intervenire, anche con una segnalazione formale o, nei casi estremi, con una denuncia.
Quando è tutto perfettamente legale
Ci sono però molte eccezioni. Alcune strutture, soprattutto quelle business-oriented, offrono formule take-away: contenitori, lunch box, colazioni “on the go” da prenotare. In questi casi, ovviamente, l’asporto è autorizzato e perfettamente lecito.
Anche le colazioni in camera, o i soggiorni con opzione “colazione al sacco”, rientrano tra le formule contrattuali che ampliano la libertà del cliente. L’importante è che sia tutto esplicitato, per iscritto o verbalmente.
E nel 2025, cosa si rischia davvero?
Con l’automazione crescente delle strutture ricettive – software di gestione, badge di accesso, videosorveglianza – anche piccoli comportamenti vengono registrati con maggiore facilità. I gesti “innocui” diventano visibili, tracciabili, in alcuni casi persino documentabili.
E nel contesto del business travel, dove l’immagine personale è parte integrante della professionalità, anche un gesto apparentemente banale può avere conseguenze. Non legali, forse, ma reputazionali. Soprattutto se si rappresenta un’azienda o si partecipa a un evento ufficiale.
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