Nel marzo 2025 Ryanair annunciava al grande pubblico il lancio del servizio “Ryanair Prime”. Con un costo di 79 € all’anno, l’abbonamento garantiva — almeno nelle premesse — sconti esclusivi sui voli, prenotazione di posti riservati gratuita fino a 12 viaggi all’anno e un’“offerta esclusiva” al mese per abbonati. Secondo la compagnia, chi volava 12 volte l’anno con Prime avrebbe potuto risparmiare fino a 420 €, vale a dire oltre cinque volte il costo dell’abbonamento.
L’idea era chiara: trasformare una base di viaggiatori fedeli in una fonte ricorrente di ricavi ancillari, un po’ com’era già accaduto per bagagli, selezione posti, extra vari — attività che da tempo contribuiscono in modo significativo al profitto dei vettori low cost.
I numeri del flop: iscritti sotto le attese e sconti troppo generosi
Il piano, però, non ha retto alla prova dei fatti. Dopo otto mesi di sperimentazione, la compagnia ha deciso di chiudere l’esperimento. I dati ufficiali parlano chiaro: il programma ha raccolto circa 55.000 abbonati — ben lontano dal limite massimo previsto di 250.000.
Da queste iscrizioni Ryanair ha incassato 4,4 milioni di euro in quota abbonamento.
Tuttavia, i benefici concessi — principalmente sconti sulle tariffe — hanno superato i 6 milioni di euro. Questo ha generato una perdita netta per la compagnia, motivo per cui l’executive responsabile del marketing non ha esitato a definire il programma “costato più di quanto abbia generato”.
In sostanza: ogni euro “ricavato” con l’abbonamento è costato di più in sconti. Un disastro economico per una compagnia nota per la sua ossessione sull’efficienza e i margini.

Come si difende il vettore
Nel comunicato ufficiale, il CMO Dara Brady ha spiegato che la sperimentazione è stata interrotta perché “questa prova è costata più soldi di quelli che ha generato”. E ha aggiunto che il numero di abbonamenti e i ricavi da iscrizione “non giustificano il tempo e lo sforzo necessari” a gestire vendite mensili esclusive per un gruppo ristretto di clienti, circa 55.000.
Ryanair ha precisato che i membri già iscritti continueranno a ricevere i benefici previsti fino alla scadenza naturale dell’abbonamento (ossia fino all’autunno 2026), ma da subito il programma è chiuso a nuovi sottoscrittori.

Perché Prime è fallito e cosa significa per i viaggiatori (e per Ryanair)
Target irrealistico, pochi utenti “frequent flyer”
La soglia massima prevista — 250.000 sottoscrittori — era probabilmente troppo ambiziosa per un modello che richiede viaggi frequenti: solo 55.000 hanno accettato di aderire. Questo è un numero troppo basso per diluire i costi degli sconti e renderli profittevoli.
Troppi sconti, troppo generosi
Gli sconti concessi si sono rivelati superiori ai ricavi da iscrizione: la strategia di offrire forti sconti e benefit ha finito per erodere i margini piuttosto che aumentarli.
Sforzo operativo e complessità non sostenibili
Secondo la compagnia stessa, la gestione di offerte mensili esclusive — con promozioni dedicate, selezione posti, assicurazioni, comunicazioni — ha richiesto troppo sforzo rispetto al ritorno economico. Questo è incompatibile con il modello “low-cost ad alta efficienza” su cui Ryanair ha costruito il suo successo.
Segnale per il mercato: non tutte le idee ancillary sono vincenti
Per un vettore che ha fatto del “fare soldi su chi viaggia” una filosofia (bagagli a pagamento, extra, priorità…), la bocciatura di Prime è un campanello d’allarme: non basta offrire un abbonamento, serve che funzioni in scala.
Per i passeggeri, invece, la chiusura significa che le tariffe basse rimarranno accessibili a tutti — senza “membership fee” —, ma anche che la ricerca del reale risparmio tornerà a dipendere da flessibilità, tempismo, comparazioni tra tariffe.

Prime promesso come “vittoria per il cliente” — diventa boomerang
Quando lanciarono Prime, in Ryanair speravano probabilmente di replicare l’effetto di successo di altri modelli ancillari: accessori, extra, servizi che integrano il business dei voli. Invece l’esperimento si è rivelato un boomerang: un programma pensato per fidelizzare e monetizzare ha generato, paradossalmente, una perdita e un ritiro rapido.
Dunque, come suggerisce il dato, Prime non è diventato una “fonte di guadagno stabile”, ma un costo aggiuntivo: 6 milioni in sconti contro 4,4 milioni in abbonamenti, allettanti promesse di risparmio per i clienti sì, ma non per le casse di Ryanair.
L’esperimento Prime insegna che nel mondo low cost non basta “vendere un abbonamento”: la logica deve essere scalabile e sostenibile. Per ora Ryanair torna a puntare sul suo modello base -voli economici, zero fronzoli- senza membership da gestire.
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