Il testo della Legge di bilancio 2026, dopo il via libera della Ragioneria generale dello Stato e il ‘visto di conformità’, approda in Aula con una norma sugli affitti brevi che ha già generato proteste. L’innalzamento della cedolare secca — dal 21 % al 26 % — era stato annunciato nei giorni scorsi, ma la versione ufficiale inserisce una distinzione: si potrà restare al 21 % solo se nel corso dell’anno non si utilizzeranno intermediari o portali telematici come Airbnb o Booking. In pratica, chi affitta tramite piattaforme digitali pagherà il 26 %, mentre chi trova l’ospite con metodi ‘diretti’ resterebbe nella fascia agevolata.
Secondo la relazione tecnica allegata alla manovra, circa il 90 % degli immobili che oggi beneficiano della cedolare al 21 % continueranno a ricorrere alle piattaforme per ragioni di praticità e rapidità. Il gettito aggiuntivo stimato è di 102,4 milioni di euro l’anno, a regime, a partire dal 2028.
Le reazioni: dalle sigle al silenzio politico
L’introduzione della norma ha provocato reazioni immediate.
Airbnb ha parlato di “penalizzazione del ceto medio“: in Italia il 74 % degli host non vive di affitti e il 58 % afferma che gli introiti servono a coprire il costo della vita. La piattaforma sottolinea che i pagamenti già transitano per sistemi tracciati, dunque “colpire solo gli affitti online” rischia di essere un doppio errore.
Aigab, che riunisce oltre 800 operatori del settore, definisce la norma una “patrimoniale mascherata“: quasi tutti gli affitti brevi passano per portali, dunque il risparmio per chi resta al 21 % sarà “statisticamente nullo“. La Federazione Fare (proprietari/gestori locazioni turistiche) parla con sarcasmo di favola del lupo e dell’agnello: “si cambia la forma per continuare a colpire la sostanza“.
Da Confesercenti, Claudio Cuomo (Aigo) attacca la norma: “stangata da oltre 100 milioni di euro” e “gioco delle tre carte” con la scusa delle correzioni formali.
Sul fronte politico, Forza Italia già annuncia emendamenti per cancellare l’articolo 7, mentre Matteo Salvini assicura che la misura non resterà in Parlamento.Il ministro dell’Economia Giorgetti si difende invocando la necessità di frenare il fenomeno degli affitti brevi nelle città, che riducono l’offerta residenziale stabile.
Quali scenari dopo il passaggio in Parlamento?
Il governo in Aula rischia di dover rimodulare la norma. La forte opposizione interna e le proteste del settore – unite al rischio che il 21 % verrà applicabile a casi residuali – dicono certe le modifiche sostanziali in sede parlamentare.
Se la norma restasse così com’è, la gran parte dei piccoli proprietari – quelli che usano Airbnb o simili per affitti occasionali – pagherebbe l’aliquota più alta, perdendo il vantaggio fiscale. Se invece la maggioranza forzasse un intervento risolutivo, la norma potrebbe essere cancellata o almeno ridimensionata.
In definitiva, quella che si presenta come una disciplina tecnica rischia di trasformarsi in una ‘battaglia di voto’ tra governo, maggioranza e mondo dell’ospitalità, con il tema degli affitti brevi sempre più al centro del dibattito su turismo, città, casa e fiscalità.
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