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Affitti brevi, nuove regole per il check-in

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Il Ministero dell’Interno chiarisce: non serve la presenza fisica, ma serve certezza sull’identità dell’ospite. Possibili videochiamate e QR code, ma stop a strumenti non verificabili come social o WhatsApp

Il check-in negli affitti brevi torna al centro dell’attenzione. Con una nuova circolare indirizzata ad AssoSoftware e firmata dal prefetto Paola Mannella, il Ministero dell’Interno ribadisce i requisiti da rispettare per garantire la sicurezza delle procedure di identificazione degli ospiti nelle strutture ricettive, compresi gli appartamenti in locazione breve.

L’obiettivo della nota – anticipata da Adnkronos – è quello di fare chiarezza sulle modalità accettabili per la verifica dell’identità degli ospiti, dopo i numerosi dubbi sollevati a seguito della direttiva del capo della Polizia del 18 novembre 2023, poi annullata dal Tar del Lazio a maggio 2025 per eccesso di discrezionalità e mancanza di proporzionalità.

Check-in digitale sì, ma con verifiche oggettive

Non sarà obbligatoria la presenza fisica del gestore, ma la verifica dell’identità dell’ospite deve essere attendibile. Le soluzioni ammesse dal Viminale includono piattaforme di videochiamata, installate all’interno delle strutture, oppure l’uso di QR code, codici univoci o altri elementi distintivi visibili esclusivamente dall’interno dell’alloggio. Questi strumenti, si legge nella circolare, possono facilitare l’accertamento della corrispondenza tra il documento di identità presentato e la persona che accede alla struttura.

In pratica, non basta l’acquisizione passiva dei dati: occorre un controllo attivo e contestuale, anche se da remoto. L’identificazione va infatti condotta in modo che “il gestore accerti obiettivamente la coincidenza tra chi ha esibito il documento e chi effettivamente accede all’immobile“,  sottolinea il Ministero.

Social e WhatsApp non bastano

Restano invece esclusi tutti quei metodi che non garantiscono una verifica certa dell’identità. Il prefetto Mannella chiarisce che strumenti come WhatsApp o i social network, utilizzati da alcuni host per ricevere copie dei documenti, non soddisfano pienamente il requisito normativo: consentono sì la ricezione di un documento, ma non provano che la persona ritratta sia effettivamente l’ospite presente nella struttura.

La ratio della direttiva è legata alla sicurezza. Come previsto dal Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS), l’articolo 109 impone a tutti i gestori di esercizi ricettivi di ospitare solo soggetti muniti di un documento di riconoscimento e di comunicare entro 24 ore dall’arrivo le generalità alle questure competenti. In caso di irregolarità, le sanzioni amministrative possono superare i 300 euro e comportare la sospensione dell’attività.

Verso una digitalizzazione più sicura

La pronuncia del Tar Lazio di maggio – che ha annullato la circolare del 2023 definendola “sproporzionata e lesiva della libertà d’impresa” – aveva riaperto il dibattito sul self check-in, oggi largamente diffuso grazie alle piattaforme di gestione automatizzata. Le nuove precisazioni del Viminale vanno nella direzione di una digitalizzazione responsabile, capace di conciliare esigenze di semplificazione con le imprescindibili misure di sicurezza.

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