Con una lettera datata 13 ottobre 2025, Alitalia – la storica compagnia di bandiera italiana – ha ufficialmente congedato i suoi ultimi 1.953 dipendenti. Nella comunicazione si legge:
“L’impresa, per i motivi già illustrati nella comunicazione di apertura della procedura di licenziamento collettivo, procede ad intimare il licenziamento ai dipendenti inclusi nel totale dei lavoratori eccedenti”.
La data fissata per la cessazione dei contratti è il 31 ottobre, che sarà anche l’ultimo giorno di lavoro per chi, dopo decenni di servizio, aveva continuato a sperare in una soluzione di continuità con ITA Airways o in una proroga della cassa integrazione.
Niente più cassa integrazione: resta solo la Naspi
Il colpo più duro arriva dalla scelta del governo Meloni di non rinnovare la cassa integrazione straordinaria. Una decisione che lascia senza rete di protezione quasi duemila famiglie.
La lettera precisa infatti che sarà “onere del lavoratore” presentare l’istanza all’Inps per ottenere l’indennità di disoccupazione Naspi, unica forma di sostegno rimasta, seppur con un’integrazione economica che arriverà dal Fondo di solidarietà del settore aereo.
Secondo i dati del Ministero del Lavoro, il Fondo può garantire un’indennità aggiuntiva temporanea, ma la cifra varia in base all’anzianità e alla posizione contrattuale. In media, un ex dipendente Alitalia riceverà tra 1.000 e 1.400 euro mensili per un massimo di 24 mesi, a fronte di stipendi che prima superavano i 2.000 euro.
L’appello dei sindacati: “Una scelta crudele nel momento sbagliato”
Alla vigilia dell’invio delle lettere, Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e Ugl Trasporto Aereo avevano lanciato un ultimo appello ad Alitalia per sospendere la procedura di licenziamento.
In una nota congiunta, i sindacati scrivevano:
“Le lettere di licenziamento vanificano le speranze dei lavoratori di essere reintegrati presso le aziende del settore. Riteniamo sbagliato il tempismo, tenuto conto che è previsto un confronto al Ministero del Lavoro giovedì prossimo”.
Il tavolo di confronto, convocato per il 16 ottobre, aveva come obiettivo proprio la ricerca di una soluzione ponte per la ricollocazione del personale, ma la decisione dell’azienda ha di fatto anticipato ogni possibile mediazione.
Un epilogo amaro per i lavoratori (e per il Paese)
Con questa ondata di licenziamenti si chiude definitivamente la storia di Alitalia – Società Aerea Italiana, fondata nel 1946 e messa in amministrazione straordinaria nel 2017.
Dal suo fallimento, le diverse operazioni di salvataggio – culminate nella nascita di ITA Airways nel 2021 – non hanno mai previsto il riassorbimento automatico del personale. Ad oggi, meno di 3.000 ex dipendenti Alitalia sono stati reimpiegati, secondo stime del Ministero delle Imprese e del Made in Italy.
Il resto – quasi 2.000 persone tra assistenti di volo, tecnici e amministrativi – dovrà ora affrontare la disoccupazione.
“È la fine di un sogno e di una vita in volo“, ha commentato una hostess con 25 anni di servizio, intervistata dall’Ansa.
Un epilogo che segna non solo la fine di una compagnia, ma anche la chiusura di un capitolo importante della storia economica e sociale italiana.
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