Un viaggio di lavoro, un check-in, la scansione di un documento al banco reception. Un gesto di routine, obbligatorio per legge, che per migliaia di viaggiatori si è trasformato in un incubo: 70 mila copie di passaporti e carte d’identità rubate in quattro hotel italiani sono finite in vendita sul dark web.
Dietro l’operazione c’è il gruppo di hacker “Mydocs”, specializzato nel traffico illecito di dati sensibili. Prezzi d’asta: da 800 fino a 10 mila euro, a seconda del tipo di documento e della quantità di file acquistati.
Perché quei file valgono oro
Le scansioni ad alta risoluzione non servono per un feticismo digitale, ma per alimentare frodi globali. Con un documento così realistico è possibile aprire conti bancari, attivare carte SIM per truffe (sim swap), superare controlli Kyc (Know your customer) e persino costruire identità “sintetiche” – mischiare dati veri e falsi per aggirare i sistemi antifrode più avanzati.
Tradotto: il tuo passaporto scansionato può diventare la chiave per una vita digitale parallela, creata a tua insaputa.
L’indagine del Garante e i limiti della sicurezza alberghiera
Il Garante della privacy ha aperto un’inchiesta e chiesto agli hotel coinvolti di notificare immediatamente la violazione ai clienti. Ma il problema non riguarda solo queste strutture: la gestione digitale dei documenti negli alberghi è un anello debole della catena.
Le scansioni vengono archiviate in server locali o software di terze parti spesso poco aggiornati. Basta una falla per trasformare un adempimento burocratico in una miniera d’oro per i cybercriminali.
Cosa può fare chi viaggia
Gli esperti consigliano di non farsi prendere dal panico, ma di alzare le difese:
- attivare alert su carte di credito e conti bancari,
- monitorare portali istituzionali (Inps, Agenzia delle Entrate)
- diffidare di email o telefonate che chiedono dati personali, denunciare subito tentativi di frode.
All’estero, in caso di furto, ci si può rivolgere ai consolati per ottenere documenti sostitutivi.
Il punto, però, va oltre la singola fuga di dati. Chi viaggia accetta di condividere informazioni sensibili in cambio di sicurezza e accoglienza. Se quelle informazioni finiscono su forum clandestini, a vacillare non è solo la privacy, ma la fiducia stessa nel sistema dell’ospitalità.
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