Quando Eddie Wilson, CEO di Ryanair, parla di tasse aeroportuali, il tono non lascia spazio a interpretazioni: diretto, provocatorio e sempre pronto allo scontro. Una figura che sembra fatta apposta per incarnare l’anima battagliera della compagnia irlandese, abituata a difendere i margini con grinta da low cost. Ma questa volta la polemica non è solo retorica: Ryanair ha annunciato una riduzione del 16% della capacità in Spagna per l’inverno 2025-26, con tagli che toccano direttamente aeroporti e lavoratori.

I tagli annunciati: un milione di posti in meno
La compagnia ha confermato che da fine ottobre 2025 a marzo 2026 verranno soppressi migliaia di voli, pari a un milione di posti in meno. Non è un fulmine a ciel sereno: già nell’estate appena conclusa Ryanair aveva ridotto l’offerta di 800 mila sedili. Ora la sforbiciata colpisce anche l’inverno, stagione cruciale per collegamenti domestici e internazionali.
Le conseguenze più pesanti si vedranno in Galizia: la base di Santiago de Compostela chiuderà del tutto, mentre saranno sospesi i collegamenti da Vigo e da Tenerife Nord. Altri tagli interesseranno le Asturie, Santander, Saragozza e l’arcipelago delle Canarie. In parallelo, Ryanair ha deciso di chiudere anche le basi di Valladolid e Jerez de la Frontera.
Le accuse di Ryanair: “tasse eccessive”
A giustificare la decisione, Eddie Wilson punta il dito contro Aena, il gestore dei 46 aeroporti spagnoli. Secondo la compagnia, le tasse aeroportuali sono “eccessive e poco competitive”, una zavorra che rischia di frenare turismo, occupazione e connettività regionale. La Spagna non è un mercato secondario per Ryanair: rappresenta il secondo Paese per ricavi, con 2,48 miliardi di euro registrati nell’ultimo esercizio fiscale (aprile 2024-marzo 2025).
Il messaggio della low cost è chiaro: senza riduzioni delle tariffe aeroportuali, la compagnia non ha interesse a mantenere la stessa capacità, soprattutto negli scali regionali meno redditizi.

La replica di Aena: “Strategia estorsiva”
Durissima la risposta di Aena, per voce del presidente Maurici Lucena. In un comunicato ufficiale, il manager accusa Ryanair di portare avanti una “strategia di estorsione“, basata su pressioni pubbliche e politiche per ottenere incentivi. “Se dovessimo assecondare le richieste di Ryanair – ha dichiarato – il sistema aeroportuale smetterebbe di funzionare correttamente”.
Lucena ha anche chiarito che le tasse non dipendono da Aena ma sono fissate per legge. L’aumento contestato, pari a 0,68 euro per passeggero, viene considerato “minimo e sostenibile” rispetto agli standard europei.
Italia più morbida, Spagna a muso duro
Se in Spagna la linea è netta, in Italia il quadro è più sfumato. A Bergamo-Orio al Serio, scalo simbolo per Ryanair e primo hub italiano della compagnia, il dialogo con Sacbo è aperto e costante. In attesa del nuovo accordo commerciale, Ryanair ha temporaneamente ridotto capacità e spostato aeromobili verso regioni che hanno abolito l’addizionale comunale. Una mossa che ha messo pressione sul gestore lombardo, ma senza arrivare alla rottura che si è vista in Spagna.
La differenza è evidente: mentre Aena risponde colpo su colpo e difende la sostenibilità del sistema aeroportuale, in Italia la strategia negoziale di Ryanair trova terreno più morbido. Un approccio che ha permesso al vettore di consolidare la propria presenza, ma che solleva interrogativi sulla capacità del sistema aeroportuale italiano di resistere alle pressioni di un colosso capace di muovere, da solo, oltre 190 milioni di passeggeri l’anno.
Ma la guerra con Aena dimostra che il modello ultra-economico della compagnia ha un punto debole: la dipendenza da incentivi e condizioni fiscali favorevoli. Un nodo che, con l’attuale scenario politico ed economico, rischia di rendere le prossime stagioni ancora più turbolente.
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