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Stop alle key box a Milano: dal 2026 vietate le cassette porta chiavi per gli affitti brevi

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Il Consiglio comunale approva la modifica al regolamento di polizia urbana: sanzioni fino a 400 euro e rimozione forzata. Una misura già adottata in altre città per sicurezza, legalità e decoro urbano

Dal 1° gennaio 2026 Milano dirà ufficialmente addio alle key box, le cassette porta chiavi utilizzate per il self check-in negli affitti brevi. Il Consiglio comunale ha infatti approvato la modifica al regolamento di polizia urbana, introducendo il divieto di installazione delle cassette su suolo pubblico e su manufatti privati che si affacciano o sporgono su spazi pubblici.

Il provvedimento, approvato a Palazzo Marino, prevede sanzioni amministrative fino a 400 euro, oltre alle spese di rimozione dei dispositivi installati in violazione delle nuove regole.

Secondo quanto chiarito dal Comune di Milano, il divieto riguarda in modo esplicito l’installazione di key box su:

  • elementi di arredo urbano
  • segnaletica stradale
  • recinzioni e cancellate
  • pali dell’illuminazione pubblica

La misura si estende anche a strutture private nel caso in cui siano visibili, accessibili o sporgenti su spazio pubblico, con l’obiettivo di evitare elusioni della norma.

Il testo della delibera è stato presentato come iniziativa consiliare ed è firmato dal consigliere Michele Albiani, presidente della Commissione consiliare Sicurezza.

Sicurezza, legalità e fine delle “zone grigie”

La maggioranza che governa Palazzo Marino parla di una scelta necessaria per ristabilire regole chiare.
Per la prima volta distinguiamo tra abuso e legittimità. Milano non accetta zone grigie né lasciare che lo spazio comune venga colonizzato senza regole. Facciamo una scelta semplice ma fondamentale: legalità e sicurezza“, si legge nella nota politica a sostegno della delibera.

Un passaggio centrale del provvedimento riguarda anche l’uso improprio delle key box: come evidenziato nella relazione allegata alla delibera, alcune indagini giudiziarie hanno accertato l’utilizzo delle cassette portachiavi anche per attività di spaccio di sostanze stupefacenti, rafforzando la necessità di un intervento normativo.

Milano segue Firenze, Roma, Venezia e Bologna

Il capoluogo lombardo non è il primo a muoversi in questa direzione. Provvedimenti analoghi sono già stati adottati da Firenze, Bologna, Roma e Venezia, nel tentativo di contrastare il proliferare degli affitti brevi non regolamentati e di tutelare il decoro urbano e la sicurezza.

In tutte le città coinvolte, il tema delle key box si intreccia con quello, più ampio, della gestione del turismo e dell’impatto degli affitti brevi sulla residenzialità.

Dal Viminale al Consiglio di Stato: la battaglia sul self check-in

La decisione del Comune di Milano si inserisce in un contesto normativo e giurisprudenziale già complesso.
Nel 2024 il Ministero dell’Interno (Viminale) aveva emanato una circolare che vietava il self check-in negli alloggi turistici per ragioni di ordine pubblico e sicurezza, imponendo il riconoscimento “de visu” degli ospiti.

La circolare era stata annullata dal Tar del Lazio a maggio 2025, ma a novembre 2025 il Consiglio di Stato ha ribaltato nuovamente la situazione, ripristinando l’obbligo dell’identificazione.

La protesta dei residenti e la “rivolta delle key box”

A spingere verso il divieto è stata anche la crescente pressione dei residenti e dei comitati di quartiere, che da tempo denunciano l’impatto degli affitti brevi sul tessuto sociale cittadino.

Negli ultimi mesi non sono mancati gesti simbolici e azioni dimostrative, fino al ritorno del misterioso “Robin Hood” delle key box, riconoscibile dal cappellino lasciato come firma dopo la rimozione delle cassette.

Secondo i comitati locali, la diffusione delle key box rappresenta un simbolo visibile di un fenomeno più profondo: l’aumento dei canoni di locazione, la progressiva scomparsa di abitazioni per residenti storici e la trasformazione dei quartieri in aree a prevalente vocazione turistica.

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