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Tassa d’imbarco sui voli, Andrea Giuricin: “Così si penalizza il turismo”

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L’esperto di trasporti Andrea Giuricin denuncia l’impatto dell’addizionale comunale sui voli in Italia: “Pesa fino al 12% sul costo del biglietto e serve a finanziare l’INPS. Andrebbe bloccata o abolita”

Ogni anno i passeggeri aerei che partono dall’Italia versano quasi 800 milioni di euro sotto forma di addizionale comunale sui diritti di imbarco, nota anche come tassa d’imbarco. Il nome potrebbe far pensare che queste risorse restino a beneficio degli aeroporti locali, ma non è così: circa la metà del gettito va a coprire le spese generali dell’INPS, il sistema pensionistico nazionale. Un uso che, secondo molti esperti, nulla ha a che fare con il settore dei trasporti.

Invece di eliminarla, come proposto più volte, la novità è che si sta pensando di aumentarla. Una mossa che rischia di penalizzare ulteriormente la competitività del trasporto aereo in Italia, soprattutto sulle tratte low cost e di corto-medio raggio. Lo spiega in questa intervista Andrea Giuricin, CEO di TRA Consulting, economista dei trasporti e consulente per istituzioni internazionali come la World Bank.

Una tassa che incide fino al 12% sul costo del biglietto

Professor Giuricin, in che modo l’addizionale comunale penalizza il trasporto aereo in Italia?
L’addizionale comunale rappresenta una vera e propria tassa nascosta. Parliamo di quasi 800 milioni di euro all’anno, che vengono pagati direttamente dai passeggeri. La cosa più assurda? Questa tassa comunale non rimane ai comuni. Circa il 50% finisce all’INPS, per coprire spese generali del sistema pensionistico. E non è un dettaglio da poco: per un biglietto medio da 50-70 euro, tipico dei voli low cost, incide per il 10-12% del prezzo finale. È una tassa che riduce la competitività del settore e scoraggia il turismo aereo verso e all’interno dell’Italia.

Quali benefici si avrebbero eliminandola?
L’abolizione della tassa d’imbarco porterebbe effetti immediati. Secondo le nostre stime, ci sarebbe un incremento di circa 9 milioni di passeggeri all’anno. Ma non si tratta solo di numeri: più passeggeri significa più turismo, più lavoro negli aeroporti, più consumi locali. Dopo anni di crisi dovuti al Covid, il settore ha bisogno di essere sostenuto, non aggravato da tasse che nulla hanno a che vedere con i servizi aeroportuali.

Cosa propone, concretamente, come riforma possibile?
L’ideale sarebbe abolire la tassa, ma capisco le difficoltà di bilancio del MEF nel rinunciare a 800 milioni. Tuttavia esiste una soluzione praticabile: bloccare il gettito ai livelli attuali. Il mercato aereo è in crescita: nel 2023 abbiamo avuto 20 milioni di passeggeri in più rispetto al 2022, e nel primo trimestre 2024 il traffico è cresciuto tra il 7 e il 9%. Se il gettito resta fisso, ma i passeggeri aumentano, l’importo pagato da ciascuno diminuirebbe gradualmente. Questo porterebbe, nel medio termine, a un abbattimento della tassa anche del 30-50% per passeggero.

Il sistema pensionistico non può gravare sui viaggiatori

Molti giustificano questa tassa come necessaria per sostenere l’INPS. Lei cosa risponde?
Il sistema pensionistico deve reggersi da solo, non sulle spalle dei viaggiatori. Che senso ha far pagare il volo a una famiglia o a un lavoratore con una tassa che nulla ha a che vedere con i servizi utilizzati? Così si fa perdere competitività all’intero sistema Italia, specie rispetto ad altri Paesi europei che non impongono balzelli simili. Si rischia non solo di scoraggiare i turisti, ma anche di perdere entrate potenziali ben più importanti nel medio-lungo periodo.

Chi dovrebbe farsi promotore di questa riforma?
Un intervento può arrivare sia dal Parlamento sia dal Governo. Non si tratta di eliminare una risorsa per le finanze pubbliche, ma di redistribuire in modo più equo la pressione fiscale. Bisogna sfruttare il momento positivo del mercato aereo per rendere questa tassa meno impattante, soprattutto su chi viaggia con frequenza o con budget ridotti. Servono scelte coraggiose per non penalizzare ulteriormente il turismo e la mobilità in Italia.

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