Dopo settimane di stallo, l’FAA ha deciso di congelare le riduzioni dei voli previste negli aeroporti più trafficati degli Stati Uniti al 6%, anziché farle salire all’8‑10% come era stato annunciato in precedenza.
La decisione è giunta in virtù del fatto che le assenze tra i controllori del traffico aereo sono calate drasticamente: secondo il DOT e l’FAA, il numero di “staffing trigger” (segnalazioni di carenza critica di controllori) è sceso da 81 a 11 in pochi giorni.
In pratica, l’ordine iniziale prevedeva un taglio del 4% a partire dal 7 novembre, che avrebbe dovuto salire progressivamente fino al 10% dal 14 novembre.
Questi tagli riguardano solo i voli domestici presso 40 aeroporti ad alto traffico e non interessano direttamente i voli internazionali.
Il fatto che sia stata messa una soglia fissa («hold at 6%») indica che l’ente regolatore vuole valutare in modo prudente se il sistema potrà tornare a pieno regime. Il messaggio è chiaro: la ripresa è in corso, ma non è ancora “fine dei lavori”.
Disagi residui e cancellazioni
Nonostante i segnali positivi, rimangono criticità concrete sul terreno. Ad esempio, secondo dati diffusi, giovedì sono state cancellate oltre 900 tratte negli USA, un numero significativamente più basso rispetto ai circa 2.600 di pochi giorni prima, ma ancora non trascurabile.
Secondo la società Cirium, quasi il 95% dei voli è decollato in orario, ma la soglia del 100% non è ancora stata raggiunta: ciò comporta potenziali disagi per i passeggeri che viaggiano in questi giorni.
In molti hub principali gli effetti della carenza di controllori e del sovraccarico del sistema si sono fatti sentire: alcuni voli sono stati cancellati o ritardati non per condizioni meteo o guasti tecnici, ma per scarsità di personale nei centri di controllo.
Per i viaggiatori, questo significa che pur avendo il governo riaperto e gli enti federali tornati operativi, non tutto ripartirà da domani come se niente fosse: potrebbero persistere ritardi, cancellazioni o modifiche improvvise dei piani di volo, in particolare nei collegamenti domestici tra aeroporti secondari o nelle fasce orarie più congestionate.
Il messaggio dalle autorità e dalle compagnie aeree
Le autorità federali, in primis il segretario ai Trasporti Sean Duffy e l’amministratore dell’FAA Bryan Bedford, hanno dichiarato che la decisione di fermare l’aumento dei tagli al traffico aereo è fondata su dati concreti: la diminuzione delle assenze tra controllori, il calo delle segnalazioni di carenza e l’impegno a rendere “il sistema sicuro e stabile” prima di tornare al regime normale.
Le compagnie aeree, da parte loro, si dicono ottimistiche: per esempio, American Airlines ha affermato di “vedere già un miglioramento” nella stabilizzazione dello staff controllo traffico e che, pur prevedendo “alcune cancellazioni o ritardi residui”, punta a operare con piena capacità entro pochi giorni.
Tuttavia, tutti sottolineano che l’operazione di “recupero” non sarà brusca come lo è stato, ad esempio, un blocco meteo ad alta intensità: gli effetti residui dello shutdown – sovraccarico, ritardi accumulati, ridistribuzione del personale – richiederanno tempo per essere colmati. Come ha osservato una fonte dell’industria: “siamo in grado di tornare quasi alla normalità in 3‑4 giorni, ma alcuni effetti dureranno più a lungo“.
In definitiva, il messaggio ufficiale è che “le condizioni sono migliorate, ma non possiamo ancora dire che tutto è a posto”.
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