Donatella Dattilo Ballestra

Donatella Dattilo di Ballestra: “Proteggere chi viaggia è più di un obbligo: è una responsabilità concreta”

In questo articolo

In un mondo sempre più interconnesso, i viaggi di lavoro comportano rischi concreti, che vanno dalla semplice perdita di documenti alle emergenze sanitarie, fino a situazioni di instabilità politica o catastrofi naturali. Per le aziende, strutturare una policy di Travel Risk Management (TRM) efficace non è più un optional: è un dovere morale e operativo.

In un mondo sempre più interconnesso, i viaggi di lavoro comportano rischi concreti, che vanno dalla semplice perdita di documenti alle emergenze sanitarie, fino a situazioni di instabilità politica o catastrofi naturali. Per le aziende, strutturare una policy di Travel Risk Management (TRM) efficace non è più un optional: è un dovere morale e operativo. Ma scrivere un documento chiaro e completo non basta se chi parte non lo conosce, non lo comprende o non sa come applicarlo sul campo.

Ne parliamo con Donatella Dattilo, Security & Travel Manager del Gruppo Ballestra, che ci racconta come trasformare la policy TRM da semplice documento in strumento concreto di protezione e supporto per i viaggiatori, adattandola ai contesti operativi e ai livelli di rischio reali.

D. Rispetto al travel risk management, ci sono aziende che hanno policy generiche. In Ballestra, che tipo di policy adottate in base al dipendente e alla tipologia di viaggio?

Nel nostro gruppo abbiamo sviluppato una travel policy che possiamo definire ‘generica’ solo di nome, perché in realtà racchiude molteplici linee guida fondamentali per il travel risk management. È strutturata in modo snello, proprio per essere letta e compresa facilmente dai dipendenti: esperienze precedenti mi hanno insegnato che un documento lungo e complesso non viene letto con attenzione.

All’interno della policy troviamo indicazioni sulle classi di viaggio, massimali per gli hotel e altri aspetti operativi del business travel. Parallelamente, contiene linee guida sintetiche di travel risk management, sicurezza informatica e sostenibilità, in modo da dare al viaggiatore tutte le informazioni essenziali senza appesantirlo.

Per spiegare la metodologia del rischio adottata abbiamo creato un documento dedicato, che spiega in dettaglio: come viene effettuata l’analisi del rischio delle destinazioni, sia a livello di paese, che a livello di città, provincia o regione.  La policy non viene adattata ai ruoli dei dipendenti: che tu sia un commerciale, un tecnico o un amministratore, le linee guida fondamentali rimangono le stesse. Quello che cambia è la valutazione ad hoc della singola trasferta.

Ogni viaggio viene analizzato considerando vari fattori: se il dipendente viaggia da solo o in gruppo, il genere, il rischio specifico della destinazione e le eventuali condizioni mediche. L’obiettivo non è limitare i viaggi, ma supportare il processo decisionale, identificare possibili rischi e suggerire azioni concrete per mitigarli. Ad esempio, se una città è considerata ad alto rischio, il viaggio può essere autorizzato solo dopo aver predisposto misure preventive specifiche, come formazione o supporti aggiuntivi sul campo.”

D. Come vi assicurate che i viaggiatori conoscano e utilizzino effettivamente la policy? Quale strategia avete messo in campo?

“La comunicazione è stata la prima fase del progetto. Prima di rendere operative tutte le policy, abbiamo avviato una campagna di informazione e formazione interna. L’obiettivo era far conoscere ai dipendenti i processi, i rischi generali e la filosofia aziendale di travel risk management.

Abbiamo organizzato un corso obbligatorio di base sul travel risk management: chi non completa il corso non può partire. Questo corso è relativo alla sicurezza delle trasferte all’estero, ai rischi generali dei viaggi d’affari e adempie al duty of care previsto dalla legge italiana. Oltre a questo, utilizziamo la intranet aziendale per pubblicare news e aggiornamenti sulla policy e distribuire informative ai viaggiatori.

Stiamo inoltre sviluppando un progetto di formazione più avanzata, che approfondirà i rischi specifici legati a determinate aree geografiche. Ad esempio, corsi sulla consapevolezza dei rischi di viaggio in aree ad alto rischio con elevate criticità per la sicurezza, garantendo che i viaggiatori siano ben preparati e informati sui rischi criminali, l’instabilità politica e sociale etc. e corsi sulla consapevolezza dei rischi per la salute, incluse le malattie prevalenti e le vaccinazioni necessarie.

Questo permetterà di personalizzare la formazione in base alle caratteristiche della trasferta senza appesantire la policy generale”.

D. Qual è l’intenzione fondamentale di inserire una policy? Come gestite le indicazioni pratiche per i viaggi?

“La policy serve principalmente a comunicare il processo aziendale e la metodologia di travel risk management, senza entrare nei dettagli operativi. Contiene informazioni essenziali sui livelli di rischio e sulle procedure di autorizzazione, ma non deve essere un manuale operativo, perché rischierebbe di non essere letto.

Le indicazioni pratiche vengono fornite tramite programmi di formazione specifica e tramite strumenti come il Travel Brief Ad-Hoc. Prima di ogni trasferta, elaboriamo un briefing personalizzato che integra le schede Paese e le valutazioni specifiche della destinazione. Questo briefing tiene conto di variabili come il tipo di viaggio, la durata, il genere del viaggiatore, il numero di partecipanti e le condizioni sanitarie e di sicurezza.

Così, il viaggiatore non riceve solo informazioni teoriche, ma linee guida concrete su come comportarsi in trasferta, come muoversi in città a rischio o come affrontare emergenze mediche. In questo modo, la policy rimane snella e leggibile, mentre le informazioni operative vengono comunicate in maniera chiara e dettagliata al momento giusto”.

D. Avete strumenti digitali o app aziendali per supportare la policy e fornire assistenza immediata ai viaggiatori?

“Sì, abbiamo implementato una piattaforma centrale per la gestione della sicurezza dei viaggi e due app, quella di ISOS e quella della Farnesina. Questi strumenti servono a garantire il rispetto della policy, le informazioni sui rischi di viaggio, il monitoraggio continuo e il supporto immediato ai viaggiatori.

Il processo è doppio: prima il dipendente deve completare l’autorizzazione di security, rispondendo alle domande della checklist. Solo dopo ottiene l’accesso al travel tool per prenotare voli e hotel. In caso di emergenze, le app permettono di geolocalizzare i viaggiatori, inviare alert in tempo reale e coordinare interventi rapidi.

Questi strumenti digitali consentono anche di avere un doppio controllo: sia sulla comprensione della policy e procedure, sia sull’effettiva approvazione del viaggio. In pratica, ogni trasferta è supervisionata passo passo, garantendo che il dipendente sia informato, preparato e tutelato, in linea con il duty of care aziendale”.

D. Come monitorate e aggiornate i livelli di rischio?

“La metodologia del rischio e l’elaborazione dei livelli di rischio vengono sviluppati con ISOS. Le schede Paese vengono aggiornate mediamente ogni tre/sei mesi, ma in caso di eventi critici (attentati, disastri naturali o sommosse sociali) gli aggiornamenti sono immediati.

Gli alert quotidiani vengono inviati direttamente via mail e via app ai viaggiatori, garantendo che ogni dipendente sia informato in tempo reale. I livelli di rischio sono condivisi e concordati con l’azienda: se necessario, possono essere rivisti in base a specifiche valutazioni di sicurezza.

In sintesi, il monitoraggio è continuo e integrato: le informazioni provengono da fonti esterne affidabili, come ISOS e la Farnesina, e vengono costantemente verificate, aggiornate e adattate alle esigenze dei viaggiatori, assicurando un travel risk management sempre proattivo e sicuro”.

Leggi Anche: Guida completa alla Travel Risk Management Policy 2025. Perché ogni azienda ha bisogno di un piano di sicurezza

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