Paolo Beria

La situazione del trasporto ferroviario in Italia nella nostra intervista esclusiva a Paolo Beria

02/09/2025

In questo articolo

La Storia della liberalizzazione dei binari in Italia ma, anche, la situazione dei lavori infrastrutturali, del materiale rotabile o della multimodalità nella nostra chiacchierata con l'Associate professor in Transport Economics al DAStU del Politecnico di Milano e direttore di Traspol

Il trasporto ferroviario è una eccellenza italiana grazie al fatto che la liberalizzazione dei binari esordì nel nostro paese nell’ormai lontano 2003, grazie al recepimento in legge nazionale del Primo Pacchetto Ferroviario Europeo del 2011 e recepito in Italia con il D.Lgs. 188/2003. Il processo ha visto l’apertura del mercato alla concorrenza, con il primo trasporto merci da parte di Ferrovie Nord Milano nel 2001 e l’ingresso di Italo nel 2011/2012. Ma problemi infrastrutturali e gangli politico-economici che non hanno portato nello stesso tempo a liberalizzare la Rete hanno reso negli anni un servizio di eccellenza sempre più difficoltoso. Ne abbiamo parlato con Paolo Beria, Associate professor in Transport Economics al DAStU del Politecnico di Milano e direttore di Traspol – Centro di ricerca sulle politiche dei trasporti.

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La nostra intervista a Paolo Beria

D. Grazie a Italo il mercato Tav italiano è stato uno dei primi ad aprirsi alla concorrenza (anche se ricordo gli ostacoli all’allora Arenaways e a Deutsche Bahn) con benefici per tutti (anche per gli operatori che hanno dovuto innovare). Possiamo dire che è ancora così rispetto ad altri mercati (ad esempio quello spagnolo o quello francese)? A questo proposito c’è spazio per un terzo operatore (Sncf) o per un quarto, quinto (anche sulle linee tradizionali con Arena/Renfe)?

R. Sicuramente Trenitalia ha saputo in questi anni tenere testa alla concorrenza e rafforzarsi, tanto da diventare uno dei player più “aggressivi” sul mercato internazionale. Oggi Trenitalia ha servizi lunga percorrenza in open-access – in concorrenza diretta con l’incumbent – in Francia e Spagna e ha annunciato l’interesse ad entrare anche nei mercati inglese via Channel Tunnel e di Belgio e Olanda. Si tratta delle tratte tra le più remunerative d’Europa, con grandi città a poche centinaia di km e prezzi molti alti. Certamente è molto difficile raggiungere il breakeven, per diversi motivi. In Francia dopo quattro anni i bilanci sono ancora (molto) in rosso, ma le cause sono note: la chiusura della galleria del Frejus per oltre un anno, i pedaggi altissimi e l’aggressività di Sncf attraverso i prezzi bassissimi di Ouigo. In Spagna Renfe ha annunciato il ritiro del prodotto Avlo, il che dovrebbe aumentare i margini ed aiutare tutti e tre i player. Quindi i benefici per gli utenti nel breve periodo sono evidenti (guerra di prezzo e aumento di frequenza), ma la sfida è renderli “stabili” nel tempo.

Quanto all’Italia, io penso che ci sia spazio per un terzo e un quarto player, purché si differenzi il prodotto. Un “Italo-bis” non avrebbe senso per nessuno e credo che il treno AV-low-cost alla Ouigo sia più una strategia di controllo del mercato che qualcosa di commercialmente sostenibile. Invece, una differenziazione con treni convenzionali ad alta capacità o su rotte non servite sarebbe benefica per tutti. Per ora questa aspirazione all’innovazione la vedo più in Arenaways che in Sncf, che al contrario potrebbe “insegnare” agli operatori nostrani ad usare treni ad alta densità di posti e doppia composizione.

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D. Milano-Salerno e Milano-Torino. E le altre line? Verso Est da Milano, verso Genova, la Napoli-Bari e la tanto vituperata Torino-Lione. Come sono messi i lavori?

R. Tutte le estensioni citate sono avviate e in costruzione, ma con vari problemi. La Verona-Padova ha subito qualche ritardo (e sarà post-PNRR), ma la Brescia-Verona dovrebbe arrivare. Gli effetti non saranno però affatto clamorosi in termini di velocizzazione. Più che altro la scommessa (molto rischiosa a mio modo di vedere), è che la capacità aggiuntiva stimoli una grande quantità di traffico merci. La Milano-Genova (a sua volta in ritardo) in realtà è solo il tunnel di base, quindi i benefici di velocità saranno ancora limitati, con l’aggravante che non è ancora chiaro come verrà utilizzato l’aumento di capacità del nodo ligure. La Napoli-Bari è in costruzione per lotti e anche qui i tempi di conclusione sono vicini ma post-2026. E poi c’è la Torino-Lione: occorre sempre ricordare che ciò a cui si sta lavorando è solo il tunnel di confine, mentre soprattutto in Francia, le lunghe linee di accesso rimarranno quelle attuali: lente e soprattutto impervie e quindi poco adatte a far passare i treni merci pesanti che sono alla base di tutto il progetto.

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D. E’ vero che gran parte dei ritardi sono imputabili al fatto che in Italia c’è una linea mista e non linee tradizionali e TAV dedicate come in altri paesi?

R. No, i ritardi sono imputabili al fatto che la rete è molto carica, in particolare la dorsale AV. La soluzione sarebbe di stimolare le doppie composizioni per ridurre il numero di treni e completare l’installazione dell’ERTM-HD, ma anche adottare approcci nella gestione dei ritardi più dinamici.

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– D. Materiale rotabile: per avviare questo servizio c’è bisogno di ingenti investimenti in convogli. Ci fa un po’ di luce sui nuovi intercity annunciati da Trenitalia ma pagati con i soldi del PNRR e quindi dello Stato?

R. Il punto degli investimenti iniziali è quello più critico. Italo ce l’ha fatta anche perché è potuta partire con un investimento molto grosso e lo stesso vale per gli operatori spagnoli con gli incumbent francesi e italiani a coprire le spalle. Flixtrain, RegioJet e Arena, invece, sembrano avere strategie più progressive, che però si scontrano con la disponibilità di materiale rotabile. La soluzione sarebbe relativamente semplice, se esistesse un mercato dell’usato, che però praticamente non esiste a differenza del mercato bus e aereo. Gli incumbent tendono a demolire il materiale per loro obsoleto invece che rivenderlo, non lasciando altra strada ai newcomer che raccogliere investimenti ingenti prima di iniziare, con grande rischio.

Per gli Intercity, che sono oggetto di un contratto di servizio col Ministero e non sono operati “a mercato”, la situazione è un po’ diversa. Sebbene Trenitalia abbia presentato i nuovi treni come un proprio investimento, sono pagati con soldi pubblici e per la nostra regolazione c’è un obbligo di messa a disposizione al momento della gara, che dovrebbe avvenire nei prossimi anni. Chi si aggiudicherà i lotti del segmenti IC e ICN, dovrà poter usare quei treni da subito, senza bisogno di portare i propri in dote.

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-D. Multimodalità: cosa ne pensa soprattutto quella messa in atto dai due grandi player italiani di integrazione spinta con società di bus? E, invece, quella che interessa le grandi città da un lato, con treno+trasporto pubblico o taxi (Uber! Perché non c’è Cabify in Italia?) e dall’altro treno-aereo?

R. La multimodalità è la tipica cosa che i pianificatori “credono” di governare, ma che nel mercato a lunga percorrenza è invece oggetto principalmente di accordi commerciali tra operatori, con tutti i limiti che questo comporta. In altre parole, non si può imporre, ad esempio, ad un operatore bus di non raggiungere la città destinazione dei propri clienti ma di cederli ad un altro operatore ferroviario per una parte del tragitto solo perché questo è socialmente più efficiente. La multimodalità che vediamo oggi è dunque largamente frutto di scelte degli operatori e assume diverse forme: accordi (o acquisizioni) di aziende bus per alimentare i servizi ferroviari e offrire servizi ultimo miglio verso destinazioni minori o stagionali come hanno fatto Trenitalia e Italo con Busitalia e Itabus rispettivamente, presenza su servizi terzi di bigliettazione che offrono soluzioni multimodali, accordi con singole città o con operatori taxi/NCC per primo e ultimo miglio urbano, etc. Un mercato complesso ma potenzialmente interessante è quello dell’intermodalità con l’aereo, ampiamente sfruttata dagli operatori bus, ma per vari motivi ancora ignorata da quelli ferroviari, al contrario di quanto accade da tempo in Benelux o in Germania.

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